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La professione del digital strategist: perchè un contratto?
Con lo sviluppo della comunicazione digitale, la professione del digital strategist sta guadagnando sempre più terreno.
Quello del digital strategist è un mestiere a cavallo fra il ruolo giornalista e quello del social media manager.
Del primo condivide il racconto di storie: il digital strategist tira fuori le storie dai brand prima che siano tali, e li aiuta a trovare il posizionamento online.
Del secondo condivide la comunicazione sui social media, oltre che su piattaforme come blog e siti web.
Una professione multidisciplinare che spesso lavora con preventivo o con lettera d’incarico, mettendo nero su bianco solo gli elementi essenziali del lavoro.

Come abbiamo visto nel caso dell’architetto e del fotografo, il contratto è lo strumento migliore per tutelare il lavoro svolto.
Il contratto ha valore di legge fra le parti.
Ecco allora che anche per il digital strategist esistono delle clausole contrattuali ad hoc, pensate per tutelare la peculiarità di questo mestiere.
Ecco quali sono.
Il contratto per digital strategist: cosa prevede?
Il contratto per digital strategist segue l’andamento del lavoro di quest’ultimo, valorizzando ogni singolo passaggio.
Ecco allora che il contratto andrà strutturato con i seguenti punti:
- il numero delle interviste dedicate al cliente,
- la durata di ciascuna,
- ivi inclusa la possibilità di incontrarsi da remoto (ad es. via Zoom);
- quali caratteristiche della persona / azienda intervistata vengono valorizzate,
- ad esempio il modo di lavorare, i valori, mission e vision, il tone of voice;
- l’attività di studio del piano strategico vero e proprio:
- il tempo che il digital strategist si riserva di utilizzare prima della consegna,
- i canali attraverso i quali erogare i contenuti (es. blog, social, newsletter, ecc.),
- gli argomenti che il cliente porterà all’attenzione del pubblico,
- la consegna del piano e relativo briefing;
- il compenso pattuito,
- i tempi di pagamento,
- l’eventuale caparra penitenziale, con cui il professionista trattiene l’acconto in caso di ripensamento del cliente;
- il diritto di recesso delle parti:
- casi di esercizio (ad es. per giusta causa),
- tempi di esercizio (ad es. con preavviso di almeno 30 giorni),
- modi di esercizio (ad es. a mezzo PEC);
- il trattamento dei dati personali, a norma del GDPR:
- titolare del trattamento,
- finalità del trattamento,
- tipologia di dati trattati (ad es. credenziali account social);
- diritti sul materiale creato da parte del digital strategist (es. divieto divulgazione);
- liberatoria per l’utilizzo a scopo didattico della strategia da parte del professionista;
- clausola sulla gestione dei social (eventuale):
- credenziali degli account su cui è richiesta la pubblicazione,
- quantità di post da pubblicare,
- periodicità della pubblicazione,
- impegno alla sostituzione delle credenziali da parte del cliente, una volta concluso l’incarico.
Tutti questi aspetti vanno poi declinati sul modo di lavorare del singolo professionista.
Come nel caso del digital strategist che non gestisce gli account social del cliente, e quindi non vedrà inserita la relativa clausola, oppure preferisce dedicare al committente qualche riunione in più in corso d’opera, specificandolo nell’accordo.
Ma perchè un digital strategist dovrebbe investire in un contratto?
Contratto digital strategist: i 3 vantaggi
Il digital strategist che decide di lavorare con contratto anzichè con preventivo o lettera d’incarico ottiene 3 vantaggi immediati.
Innanzitutto il suo lavoro è tutelato grazie all’accordo scritto.
Il contratto, a differenza della lettera d’incarico, stabilisce diritti e doveri di entrambe le parti.
Grazie al contratto quindi, il cliente si impegna a pagare il professionista alle scadenze prestabilite, a rispettare i diritti sul materiale creato e così via.
In secondo luogo, il contratto valorizza il lavoro che rimane dietro le quinte.
Spesso, infatti, il cliente vede solamente la punta dell’iceberg del lavoro di consulenza.
E l’attività del digital strategist non fa eccezione in questo.

Attraverso un contratto che parli delle ore investite nella progettazione del brand e nello studio dei suoi valori, valorizza l’attività che sta sotto la superficie.
In questo modo il cliente diventa partecipe del lavoro del digital strategist, mantenendone il controllo.
I muri di testo non piacciono a nessuno.
E il metodo legal design serve proprio a questo: a rendere i documenti che non sono destinati agli operatori del diritto, più immediati e facili da consultare.
Questo grazie all’utilizzo di icone e di un’architettura dell’informazione agile.
Non solo.
Attraverso l’uso del tone of voice del professionista e l’uso dei colori, il contratto parla del brand.
Un esempio di legal design? l’uso della time-line per scandire i vari passaggi dell’incarico.

Ecco perché affidarsi ad un professionista che conosca il modo di lavorare del freelance, consente di costruire un documento legale che non si limita a tutelare le parti dell’accordo, ma che valorizza il lavoro messo in campo, favorendo il posizionamento del brand.
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